Corriere del Ticino - L'opinione Karin Valenzano Rossi, candidata PLRT al Consiglio nazionale Il 26 luglio 2019 il Tribunale federale (TF) ha deciso in favore della richiesta delle autorità fiscali francesi in merito alla trasmissione di dati personali relativi a circa 40 000 conti bancari di clienti presumibilmente contribuenti in Francia nel periodo compreso fra il 2010 e il 2015. La decisione è un nuovo scossone al sistema bancario in piena ristrutturazione. Alla modifica delle Convenzioni contro la doppia imposizione, sotto la spinta degli Stati esteri, era stata aperta la porta alle richieste raggruppate, dicendo che comunque non si sarebbero ammesse richieste generalizzate e generiche nella speranza che qualcuno rimanga nella rete, le cosiddette fishing expedition. Una foglia di fico, che il TF ha infine sollevato con questa sua decisione. Ora il rischio è sempre più concreto, che altri stati presentino domande simili basate su liste contenenti i numeri di conti bancari di contribuenti residenti in altri stati nel periodo che precede l’introduzione dello scambio automatico d’informazioni nel 2017. Il Tribunale federale ha accolto il ricorso dell’Amministrazione federale delle contribuzioni contro la decisione di prima istanza del Tribunale amministrativo federale che aveva respinto la richiesta delle autorità francesi, sconfessando la decisione dell’Amministrazione federale delle contribuzioni di trasmettere i dati alla Francia poiché non adempiuti i criteri per le domande di dati raggruppati. Non è la prima volta che il Tribunale federale sconfessa il Tribunale amministrativo federale. Già nel settembre 2016 la dinamica era stata simile con una richiesta raggruppata dell’autorità fiscale olandese. Quello che più inquieta in questa vicenda è l’atteggiamento dell’Amministrazione federale delle contribuzioni che ha interposto ricorso contro la decisione del Tribunale amministrativo federale e ha creato quindi i presupposti per questo nuovo scossone alla piazza finanziaria svizzera in piena fase di riorganizzazione. Per quali motivi lo ha fatto? Per eccesso di zelo verso gli stati vicini? Per evitare di aprire un nuovo fronte nei confronti dell’Unione Europea? Per un non meglio precisato senso di responsabilità o inferiorità nei confronti delle autorità estere? Negli ultimi trent’anni la pressione internazionale ha scosso a più riprese il sistema bancario svizzero. A seguito della crisi finanziaria e del debito, gli Stati Uniti e gli stati vicini, incapaci di gestire le loro finanze in modo oculato e arginare un’evasione fiscale dilagante, hanno mostrato i muscoli nei confronti della Svizzera e delle sue banche alla ricerca di liquidità per sanare il debito pubblico e nell’intento di eliminare pericolosi concorrenti. Negli Stati Uniti le banche sono state costrette a pagare multe salatissime e a fornire i dati dei clienti per continuare a operare sul mercato. L’Italia ha messo in opera provvedimenti di regolarizzazione straordinari per i suoi contribuenti, la cui adesione presupponeva un massiccio impiego di professionisti italiani, che sono sbarcati in pianta quasi stabile sul suolo elvetico per predisporre quanto necessario, pretendendo la collaborazione da parte delle nostre banche, che si sono persino viste costrette a violare il nostro diritto civile sotto la minaccia di possibili conseguenze, anche penali, per i propri collaboratori e le banche stesse. Germania e Francia hanno operato in modo molto simile e altri Stati ancora. Il minimo comune denominatore di questi stati è fare pressione sulla Svizzera in favore dei loro interessi, di quelle delle loro aziende e dei loro professionisti. E in Svizzera? L’Amministrazione federale delle contribuzioni, che fa parte del Dipartimento federale delle finanze diretto dal Presidente della Confederazione Ueli Maurer, decide di ricorrere contro la decisione del Tribunale amministrativo federale senza pensare alle conseguenze finali del suo atto. Ora siamo davanti a un bel pasticcio che mette in difficoltà la piazza finanziaria elvetica. Non è forse ora di pensare un po’ anche ai nostri interessi? Scarica l'articolo in pdf
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