Karin Valenzano Rossi, capogruppo CC Lugano Progresso sociale, dicembre 2019 Dal primato degli azionisti al primato dei clienti, dei fornitori, della comunità e degli azionisti: è questo il cambio di paradigma annunciato un paio di mesi fa da 200 grandi aziende americane riunite nell’Associazione Business Roundtable. Un cambio di paradigma che ha suscitato molto interesse e curiosità anche nella vecchia Europa, dove la responsabilità sociale delle aziende è riconosciuta come un elemento importante per garantire il successo economico di un’azienda sul lungo periodo. Dal 1978 l’associazione Business Roundtable pubblica regolarmente i principi di Corporate Governance che guidano i responsabili delle aziende. Negli ultimi vent’anni è stato il primato dell’azionista a farla da padrone: le società esistono principalmente per servire gli azionisti. Con la dichiarazione del 19 agosto 2019 gli amministratori delegati di queste grandi aziende del settore industriale, bancario e tecnologico hanno deciso di adattare questo principio unilaterale all’evoluzione dell’attività economica che mette al centro dell’attività la creazione di valore aggiunto per gli investitori, i dipendenti, la comunità, i fornitori, i clienti e lo stato. Questo cambio di paradigma è certamente dettato da interessi economici che consentono alle aziende virtuose di profilarsi in modo vincente nei confronti della concorrenza. Il passaggio dal primato dell’azionista al primato dei portatori d’interesse riflette anche una crescente esigenza soprattutto fra le giovani generazioni di conciliare il profitto con la morale. Questa svolta epocale mette anche in evidenza come l’economia è spesso obbligata prendere l’iniziativa e a sostituirsi agli stati incapaci di svolgere il loro ruolo istituzionale. L’iniziativa per imprese responsabili divide Nel nostro paese la responsabilità delle multinazionali è al centro di un intenso dibattito innescato dai promotori dell’iniziativa popolare “Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente”. Secondo l’iniziativa le imprese, che hanno la loro sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro d’attività principale in Svizzera, sono tenute a rispettare, sia in Svizzera che all’estero, i diritti umani riconosciuti a livello internazionale e le norme ambientali internazionali. Le imprese sono tenute a usare la dovuta diligenza: in particolare devono individuare le ripercussioni effettive della loro attività economica sui diritti umani e sull’ambiente, adottare le misure idonee a prevenire o a porre fine alle violazioni esistenti e rendere conto di tali misure. Secondo l’iniziativa le imprese possono essere chiamate non solo a rispondere dei danni causati dalla propria attività, ma anche a quelli delle imprese che controllano economicamente, violando diritti umani riconosciuti o norme ambientali internazionali. Il Parlamento è alla difficile ricerca di un compromesso fra la necessità di far rispettare i diritti umani e gli standard di tutela ambientale all’estero e la necessità di non svantaggiare le aziende in Svizzera rispetto alle aziende con sede in altri paesi. Poco prima delle elezioni federali del 20 ottobre il Consiglio degli Stati ha deciso di rinviare il dibattito parlamentare sull’iniziativa e sul controprogetto indiretto messo a punto dalla sua Commissione giuridica. Il Consiglio federale dal canto suo è pronto a intervenire nel dibattito parlamentare con un controprogetto che si limita a un introdurre l’obbligo di un rapporto sulla sostenibilità senza tuttavia introdurre regole più severe sulla responsabilità delle multinazionali rispetto a quelle attuali. L’obbligo di rendiconto nei settori dei diritti umani e della tutela ambientale varrebbe per le imprese con più di 500 collaboratori. Più buon senso e rispetto A livello internazionale l’ONU e l’OCSE, sottolineano l’importanza e la necessità di incoraggiare la responsabilità delle imprese. La piattaforma UN Global Compact (Patto globale delll’ONU) riunisce tutte le imprese e le organizzazioni che si sono impegnate a rispettare principi etici. A livello nazionale il Consiglio federale rinvia a tre piani d’azione basati sulla buona volontà delle imprese: il piano d’azione nazionale per l’attuazione dei principi guida delle Nazioni Uniti sui diritti umani, il piano d’azione sulla responsabilità sociale d’impresa e il rapporto sull’economia verde del 2016. Il Consiglio federale preferisce puntare sulla cooperazione internazionale e su strumenti giuridici non vincolanti. I promotori sono disposti a ritirare la loro iniziativa a condizione che il Parlamento elabori un controprogetto solido basato su una procedura di conciliazione. In questo periodo di grandi cambiamenti la responsabilità sociale delle imprese si è diffusa in modo capillare lungo tutta la catena di creazione di valore: dal rispetto delle condizioni di lavoro dei fornitori delle materie prime alle esigenze di rispetto dell’ambiente degli imballaggi. La forte pressione delle organizzazioni non governative e la potenza devastante dei media sociali hanno spinto le grandi multinazionali a rafforzare la propria responsabilità sociale, ambientale e umanitaria. Questo spiega anche il cambiamento di paradigma negli Stati Uniti. Non di solo profitto vive l’impresa, ma anche di responsabilità per le generazioni future. Per questo motivo un solido controprogetto potrebbe evitare una votazione molto rischiosa per il mondo economico in un periodo, dove la giustizia climatica mette sotto pressione la libertà economica. Abbiamo sempre più bisogno di buon senso, senso etico e rispetto per evitare di dover accollare allo stato nuovi onerosi compiti. Leggi articolo in pdf
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